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Circular Economy for Food
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Circular Economy for Food. La circolarità appartiene all’umanità e al contesto in cui vive
Circular Economy for Food. La circolarità appartiene all’umanità e al contesto in cui vive
a cura di Laboratorio di Sostenibilità ed Economia Circolare Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo
Credits: Evie Shaffer da Pexels
L’economia circolare è una proposta politico-culturale che prevede un nuovo modello di produzione e consumo in antitesi al sistema lineare definibile come “estrai, produci, consuma, dismetti” (Ellen MacArthur Foundation, 2013). Implica la condivisione, il riutilizzo, la riparazione, il ricondizionamento, la durabilità, la rinnovabilità, l’ecodesign, etc. e tutta una serie di accortezze che puntano a estendere il ciclo di vita dei prodotti e a ridurre al minimo i rifiuti.
Il nuovo modello economico circolare, specialmente quando viene applicato al cibo, mira in primis a preservare e rigenerare il capitale naturale, ottimizzando l’estrazione, la produzione e l’utilizzo delle risorse e gestendo i flussi di materia ed energia, in maniera da rinnovarne o prolungarne il valore nel tempo. Una serie di obiettivi che, ad esempio, ci spingono a far nostra la necessità di essere attori del cambiamento a partire dal ripensare o implementare azioni quotidiane associate alla gestione dei flussi, come quella di differenziare correttamente un rifiuto organico. Semplificando tra le 114 definizioni che nel tempo sono state date all’economia circolare (Kirchher et al., 2017) e che contengono 95 concettualizzazioni diverse che a loro volta hanno dato origine al paradigma delle 9R (strategie da attuare per rendere un sistema più circolare: Rifiutare, Ripensare, Ridurre, Riusare, Riparare, Rinnovare, Rifabbricare, Riqualificare, Riciclare, Recuperare), si comprende abbastanza facilmente che il nuovo paradigma trae ispirazione dai sistemi viventi, in cui ogni eccedenza viene metabolizzata nel fluire dinamico attraverso i 5 regni: monera, prototisti, funghi, piante, animali. La Natura non conosce il significato della parola “rifiuto” e il nostro modello economico deve cercare di raggiungere il medesimo risultato gestendo nel tempo le risorse che abbiamo a disposizione. D'altra parte la circolarità appartiene all'umanità e al contesto in cui vive. Infatti, il cibo è il mezzo attraverso cui inizia il processo circolare di metabolizzazione della materia nel corpo umano e la sua consequenziale trasformazione in energia per la vita. Una considerazione che ha spinto il filosofo tedesco Ludwig Feuerbach ad affermare nella seconda metà dell’800, che “Noi siamo ciò che mangiamo” (Feuerbach, 1871), e in quanto tali, frutto di una sana e quotidiana economia circolare del cibo.
Allo stato attuale però, la fotografia del food system rappresenta una produzione alimentare non democratica e certamente non sostenibile. Filiere alimentari globalizzate sempre più lunghe, complesse, omologate, hanno da tempo reciso molte di quelle relazioni tra unità ecologiche che rendevano la produzione di cibo frutto di un rapporto sano con la natura. La nostra economia vive oltrepassando i limiti planetari
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(Rockström et al., 2009) e sociali (Raworth, 2017), adottando un atteggiamento predatorio e sfrenato, che uccide la nostra casa comune. L’erosione pluridecennale del capitale naturale (Lovins, et al., 1999), frutto di un paradigma economico lineare, mina la stabilità del capitale culturale (Bourdieu, 1980) ed economico, rendendo difficile anche il semplice confronto tra le persone. Enfatizzare l’esistenza di sistemi interconnessi (Capra & Luisi, 2014), di cui l’uomo dovrebbe essere parte integrante non invasiva, di relazioni tra ecosistemi che non andrebbero interrotte, ci riporta concretamente a capire che partire dal cibo per sviluppare un cambio di paradigma economico-sociale vuol dire riportare l’attenzione alle comunità, alla qualità delle relazioni e alla sostanza dei comportamenti (Petrini, 2018).
Entrando nel vivo di alcuni dati, la necessità di ripensare il contesto economico-sociale in cui viviamo è evidente dal momento in cui sappiamo ad esempio come, nell’Unione Europea, ogni anno si producano più di 2,5 miliardi di tonnellate di rifiuti. Di questi, circa 499 kg di rifiuti urbani pro capite sono prodotti in Italia (European Union, 2021; Eurostat, 2020) e in media 67 kg rappresentano la quantità di cibo sprecato annualmente (UNEP, 2021). Inoltre, dai dati dell’European Compost Network (2016) riscontriamo che la valorizzazione del rifiuto organico è un ambito in cui c’è ancora molto da fare. Considerando che il 40% della totalità dei rifiuti in Europa è scarto organico, e che di questo scarto solo il 33% circa viene valorizzato a fine vita, questo vuol dire che abbiamo un 66% di possibile materia prima seconda ancora da intercettare e quindi, delle evidenti potenzialità sul fronte della creazione di nuovi posti di lavoro. Infine, allo stesso tempo, ci troviamo di fronte a una crescente domanda di materie prime e a una scarsità delle risorse, una situazione che sta creando una dipendenza tra paesi, ad esempio per il reperimento delle terre rare e la conseguente accelerazione di misure di obsolescenza programmata dei prodotti, strategia propria del modello economico lineare (Fassio & Tecco, 2019).
Quindi, per rispondere a tale esigenza emergenziale, all’interno del Green Deal Europeo (Commissione Europea, 2020 a), gli stati membri dell’EU hanno votato l’adozione di un “Circular Economy Action Plan” (Commissione Europea, 2020 b), contenente importanti indicazioni per realizzare un mercato europeo di prodotti sostenibili, neutrali per il clima ed efficienti dal punto di vista del consumo di risorse. A livello italiano, come sezione facente parte del “Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR)”, è stata poi istituita la “Strategia nazionale per l’economia circolare”, incentrata su l’ecoprogettazione e l’ecoefficienza, il potenziamento del mercato delle materie prime seconde attraverso nuovi strumenti amministrativi e fiscali, l’introduzione della responsabilità estesa del produttore, la diffusione di pratiche di condivisione e di “prodotto come servizio”, il supporto per il raggiungimento degli obiettivi di neutralità climatica, e la definizione di indicatori per misurare la circolarità dal 2020 al 2040 (Ministero della Transizione Ecologica, 2021).
Entrando nello specifico dell’ambito “food”, la strategia “Farm to Fork”, anch’essa presente nel Green Deal Europeo, affronta in modo esaustivo le sfide poste dalla realizzazione di sistemi alimentari sostenibili, riconoscendo i legami inscindibili tra persone sane, società sane e un pianeta sano (One Health). Una connessione tra tutti i Sustainable Development Goals (SDGs) (United Nations, 2015), dimostrata anche dal modello della “Wedding Cake” di Rockström e Sukhdev (Rockström e Sukhdev, 2016), dove il cibo è descritto come unità base di connessione tra tutti gli SDGs e, di conseguenza, attore che interpreta un ruolo cruciale per la transizione verso un paradigma di sviluppo sostenibile (ambientale, sociale, economico).
The "wedding cake" model
Infatti, è scientificamente dimostrato che con l'aumentare della popolazione crescerà la domanda di risorse, emergeranno problemi ambientali e differenze socio-economiche, specialmente nei contesti urbani. Si stima che entro il 2050 il 68% della popolazione vivrà in aree urbane (United Nations, 2018), che le città da sole consumeranno il 75% delle risorse naturali del pianeta e che ai residenti sarà destinato circa l’80% del cibo prodotto su scala globale (Ellen MacArthur, 2019). Di conseguenza, arrivati come umanità a quel traguardo, i centri urbani avranno sulle spalle la responsabilità per l’80% di emissioni di gas serra, consumo di acqua e suolo, distruzione di habitat, malnutrizione e tutte le altre insostenibilità che caratterizzano già oggi il sistema alimentare condizionato da un modello economico lineare. Inoltre, se la circolarità non diventerà un fattore comune e un’abitudine consolidata, nelle nostre città si sprecherà cibo almeno quanto allo stato attuale, ovvero il 20% dei prodotti alimentari (Commissione Europea, 2020 c; FAO, 2021).
Quindi il contesto urbano e periurbano rappresentano il luogo preferenziale dove far iniziare una rivoluzione circolare progettata e misurata, adottando una visione sistemica (Meadows, 2009), che ci aiuti ad affinare la capacità di capire le parti, di vedere le interconnessioni, di essere creativi e coraggiosi circa la riprogettazione del sistema. Non a caso i maggiori problemi del mondo sono il risultato della differenza tra come la natura funziona (sistema) e il modo in cui le persone pensano (lineare) (Bateson & Longo, 1988). Con quest’obiettivo, il cibo deve diventare sempre più un’infrastruttura urbana (Calori & Magarini, 2015) che va progettata puntando, come la Circular Economy for Food ci suggerisce, a far sì che il metabolismo urbano non produca rifiuti, ma valori economici e sociali in equilibrio con gli ecosistemi naturali e moltiplicatori delle potenzialità di un territorio (Fassio & Minotti, 2019).
Studi condotti dalla Ellen MacArthur Foundation dimostrano che questa opzione a cui l’umanità non dovrebbe sottrarsi, comporterebbe benefici a livello di mitigazione del cambiamento climatico, società̀ più̀ inclusive ed ecosistemi più̀ resilienti, un vantaggio economico di 2.7 miliardi di dollari derivanti dalla migliore gestione delle risorse alimentari, dalla valorizzazione delle materie prime seconde, dall’adozione di pratiche agricole rigenerative. Le ricadute positive si vedrebbero anche sulla salute delle persone, con una diminuzione delle malattie causate dall’esposizione ad alti livelli di pesticidi, una minor resistenza antimicrobica, una gestione delle acque più efficiente, un’aria meno inquinata (Ellen MacArthur Foundation, 2019).
Per queste e molte altre ragioni, l’economia circolare applicata al food system (Circular Economy for Food) riguarda principalmente il tema di prevedere misure per ridurre la produzione di scarti, a fine vita o durante la produzione (by products), valorizzare il cibo in eccesso seguendo la
Food Waste Hierarchy
(Commissione Europea, 2021), eliminare gli imballaggi monouso, gestire correttamente le risorse idriche e i nutrienti per il suolo (fertilizzanti). A questi temi però, si affiancano ulteriori obiettivi presenti nella strategia “Farm to Fork” (Commissione Europea, 2020 c) ovviamente dialoganti con i temi della
Circular Economy for Food
e che sono: l’obiettivo di ridurre del 50% l'uso e il rischio dei pesticidi chimici, quello di ridurre di almeno il 20% l’uso dei fertilizzanti, di ridurre del 50% le vendite di antimicrobici per gli animali da allevamento e per l'acquacoltura, e infine l’obiettivo di destinare almeno il 25% della superficie agricola, all'agricoltura biologica. Non bisogna dimenticare anche i contenuti presenti nella strategia UE sulla “Biodiversità” (Commissione Europea, 2020 d), che mira a rafforzare la resilienza delle nostre società rispetto a minacce future quali gli effetti dei cambiamenti climatici, gli incendi boschivi, l'insicurezza alimentare, le epidemie, e più in generale il varo di un piano dell’UE per il ripristino della natura.
Food Waste Hierarchy
Dunque, per garantire un futuro ai 10 miliardi di persone che popoleranno la Terra nel 2050 (Population Reference Bureau, 2020), bisogna intervenire e costruire una nuova narrazione che metta al centro il cibo come leva strategica per la transizione ecologica.
Gli ambiti di azione proposti da numerose organizzazioni (Jurghilevic et al., 2016; Ellen MacArthur Foundation, 2021) dimostrano che il raggiungimento di un'economia circolare nel cibo, come l’obiettivo di perseguire uno sviluppo sostenibile, ha un forte carattere intersettoriale e implica l'azione sinergica di attori di diversa natura. La complessità del sistema alimentare richiede una prospettiva transdisciplinare che definisca le caratteristiche di un paradigma economico fondato su relazioni di valore e che parta dal preservare quel tessuto ecologico che sostiene la vita sul nostro pianeta, che l’uomo sta divorando con incredibile voracità. Generare un nuovo quadro concettuale che colga le esigenze della società civile, del sistema produttivo, del contesto ambientale, della circolarità e dello sviluppo sostenibile, è un obiettivo fondamentale da perseguire con la finalità di sostenere una transizione ecologica che su basi scientifiche ambisca a un’applicazione reale. Con questo scopo sono nate le
3C della Circular Economy for Food
(Fassio, 2021) che rappresentano il Capitale, la Ciclicità e la Coevoluzione (vedere approfondimento “Le 3C della Circular Economy for Food by UNISG”), in cui è presente una traiettoria che ambisce a essere inclusiva, semplice nella sua narrazione, complessa nella sua articolazione, da percorrere ognuno con i propri mezzi ma condividendo il traguardo.
Come possiamo condurre uno stile di vita più “circolare”?
Scopri con noi 7 buoni consigli:
1) Adotta la circolarità in cucina.
Capita a tutti di avanzare ogni tanto del cibo, ma prima di buttarlo prova a riutilizzarlo in maniera creativa. Lo sapevi che molti piatti della tradizione italiana sono nati nell’atto di ricombinare avanzi? Ad esempio, i Ravioli del Plin - il termine Plin significa pizzicotto in dialetto piemontese e sta a indicare il caratteristico gesto del pizzicare la pasta con le dita per racchiudere il ripieno tra un raviolo e l'altro - nascono nel Novecento nel territorio delle Langhe, del Monferrato e del Roero (Piemonte, Italia) come piatto a base di pasta fresca all’uovo ripiena di carne e verdure stufate avanzate dal giorno prima. Ma possiamo andare ancora più indietro nel tempo con le più internazionali Meatball (in italiano, Polpette), un piatto nato in epoca romana, tra il 25 a.C. e il 35 a.C., utilizzando carne lessa avanzata da vari tagli di differenti animali. La circolarità in cucina inoltre, richiede che ogni parte di un prodotto venga valorizzata, come succede nell’esempio qui di seguito riportato della zucca in cui: la polpa può essere frullata per fare una crema utilizzabile come base per una zuppa, un flan, un dolce o un purè; i semi e i filamenti possono essere essiccati per un ulteriore uso come ingredienti croccanti oppure snack; la buccia si può bollire per fare un brodo che insaporisce le nostre zuppe e salse, oppure si può utilizzare per preparare una confettura e farla candita, conservarla sottaceto, o essiccata (Fassio et al., 2021).
La circolarità della zucca: un esempio di menù derivante dall'utilizzo totale di una zucca butternut. Dall'ingrediente intero, attraverso le sue parti, si passa alla definizione dei possibili semilavorati che possono essere utilizzati per creare diverse portate nello spirito dell'economia circolare.
Fonte immagine: Pollenzo Food Lab con F.Fassio e N.Tecco; sviluppo immagine Michela Lazzaroni per Magazine Materia Rinnovabile, Rivista internazionale sulla bioeconomia e l’economia circolare, n. 37, Luglio 2021
2) Pianifica i pasti settimanali.
Un altro modo di mettere in atto la circolarità in cucina sicuramente comprende la pianificazione attenta dei pasti settimanali, in maniera che gli avanzi di un pasto possano diventare input per i piatti dei giorni successivi. Attuando questo comportamento si evita lo spreco causato dal comprare cibo in eccesso, avendo inoltre l’opportunità di creare una gran varietà di piatti con una minima quantità di spesa. Ricordati che il “Capitale” di ogni cuoco è rappresentato dall’ingrediente, garanzia della salubrità, del valore nutritivo e della bontà della preparazione finale, ma anche elemento di raccordo con la filiera produttiva. Molto spesso la scelta dell’ingrediente è influenzata dal suo prezzo finale e dal suo valore di servizio (facilità di impiego in casa o garanzia di standard nel settore professionale), posizionandolo in relazione funzionale all’obiettivo prefissato: rispettare un budget, accorciare i tempi, servire un certo piatto immaginato. In chiave circolare inoltre, all’ingrediente si accompagnano i costi ambientali e sociali nascosti; la biodiversità naturale e culturale dei territori e la conseguente economia diffusa; la scelta produttiva e il suo impatto; l’utilizzo delle risorse sia in fase di produzione che in fase di trasformazione; il riconoscimento del lavoro e la sua equità. L’ingrediente non è funzionale all’obiettivo ma è esso stesso obiettivo: dalla conoscenza dell’ingrediente deriva la scelta e la definizione del piatto e non il contrario. Esso si costituisce quindi come un raccordo che, attraverso il menù, unisce i due estremi della filiera: la produzione e il consumo. La sua rilevanza impone un utilizzo di ogni sua parte tendente al 100%. Il menù rappresenta dunque un importante strumento di pianificazione mentre la scelta dell’ingrediente contribuisce a dargli forma. La declinazione dell’ingrediente nelle sue parti e l’identificazione dei semilavorati che si possono ottenere vanno a definire i possibili elementi base che vengono impiegati nei piatti, nel menù del singolo pasto o nel menù settimanale in un’ottica di “Ciclicità” e, in particolare, di “Metabolizzazione” di ogni parte (vedere approfondimento “Le 3C della Circular Economy for Food by UNISG”).
Fonte: Pollenzo Food Lab con F.Fassio
Menù circolare sviluppato da UNISG per l’azienda di catering Bibendum in relazione all’evento Ecomondo 2021.
3) Valorizza gli scarti non più edibili.
Quando alcuni ingredienti non sono più commestibili, possono trovare una “seconda vita”, ed essere usati per altre finalità. Ad esempio, i fondi del caffè possono essere aggiunti al terriccio nei vasi o al suolo del giardino come fertilizzante. Essi contengono azoto e altri minerali che arricchiscono il contenuto nutritivo del suolo, aiutando non solo le piante di casa a crescere, ma anche a ridurre la quantità di materiale organico che diventerà rifiuto (Schattenberg, 2021).
Foto di Ashkan Forouzani da Unsplash
4) Non vergognarti di chiedere di portare a casa gli avanzi.
La cosiddetta Doggy Bag è un pratica che andrebbe promossa maggiormente, visto che i ristoranti sono tenuti a buttare il cibo che viene avanzato dai clienti, e per questo motivo si rivela un’altra opportunità per ridurre lo spreco alimentare (Van Herpen et al., 2021). In questo modo, potrai gustarti le pietanze avanzate a casa e aiuterai a ridurre lo spreco di cibo.
Foto di Mikhail Nilov da Pexels
5) Valorizza
, quando possibile,
gli scarti domestici derivanti dal cibo tramite il compostaggio domestico
, il quale può rivelarsi una risorsa importante per la coltivazione domestica di ortaggi e piante. Se vivi in uno spazio ridotto, puoi cercare alternative al compostaggio - che a volte può richiedere spazi importanti - come il vermicompostaggio che si può tenere anche in balcone, oppure puoi partecipare al compostaggio condiviso/collettivo (Harris, 2021) se abiti in zone della città dove questo servizio è presente.
Foto di Eva Elijas da Pexels
6) Compra elettrodomestici e utensili da cucina che siano durevoli.
L’United Nations Environment Programme (UNEP) ci racconta di come, negli anni a venire, mantenendo stabili i ritmi di produzione e gli stili di vita, servirà immettere nel sistema economico mondiale, urbano ed extraurbano circa 180 miliardi di tonnellate di risorse naturali, ovvero 20 tonnellate annue pro capite. Di queste però, circa 29 miliardi di tonnellate mancheranno (UNEP, 2016). A questo proposito è utile ricordare che oltre il 60% dei rifiuti mondiali di origine elettronica derivano dagli elettrodomestici (UNUniversity, 2021). Ecco perché comprare elettrodomestici e utensili da cucina che siano durevoli, a basso consumo di energia e costruiti in maniera che possano essere disassemblati, e quindi riparati, è una buona scelta. La spesa iniziale potrebbe sembrare maggiore, però nel lungo periodo si risparmiano non solamente soldi, ma anche tempo, possibili conseguenze indesiderate, e si contribuisce a ridurre l’estrazione di risorse dal pianeta riducendo la pressione sugli ecosistemi.
Foto di PhotoMIX Company da Pexels
7) Condividi i piccoli elettrodomestici.
Un altro modo per evitare di spendere troppo, di produrre rifiuti elettronici e di riempire i cassetti con elettrodomestici che non si usano, è condividerli. La cosiddetta “Sharing Economy”, ormai già ben avviata nel contesto del trasporto urbano, è applicabile anche in cucina attraverso il semplice atto di comprare i piccoli elettrodomestici - ad esempio la macchina per fare il gelato - insieme a un vicino di casa, un amico o un parente. Così facendo, risparmierai soldi concedendoti ugualmente la possibilità di produrre in casa quanto da te desiderato, ma allo stesso tempo, contribuirai a diminuire l’impatto in termini di consumo di risorse e di produzione dei rifiuti.
Foto di Maksim Goncharenok da Pexels
note
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I nove limiti planetari, o processi da porsi come obiettivi per evitare di superare il tetto ecologico, sono: il cambiamento climatico, l’acidificazione degli oceani, la riduzione della fascia di ozono in atmosfera, la modificazione dei cicli biogeochimici dell’azoto e del fosforo, l’utilizzo globale di acqua, i cambiamenti nell’utilizzo del suolo, la perdita di biodiversità, l’inquinamento atmosferico da microparticelle (aerosol), l’inquinamento da prodotti chimici e sostanze tossiche di origine antropogenica.
Bibliografia e sitografia
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Bateson, G., Longo, G. (1988). Verso Un’ecologia Della Mente, Adelphi: Garden City, NY, USA, Volume 17.
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Le 3 "C" della Circular Economy for Food by UNISG