Agricoltura industriale e comunità agricole locali: una relazione complessa che deve definire il proprio punto di equilibrio, stretto tra esigenze produttive su grande scala e tutela del suolo, della salute e della coesione territoriale. Su questi temi cruciali si è sviluppato l’incontro-dibattito dal titolo “Per un’agricoltura contadina in Chianti”, organizzato dal comitato Chianti senza Pesticidi e da Legambiente Chianti Fiorentino, e al quale hanno partecipato Fausto Ferruzza, presidente di Legambiente Toscana; Lorenzo D’Avino, responsabile agricoltura Legambiente Toscana; Maurizio Mazzariol dell’Associazione nazionale Produttori biologici e biodinamici Altragricoltura Bio; Giovanni Pandolfini di Garanzia Partecipata; Claudio Pozzi di Rete Semi Rurali; Francesco Romizi di ISDE Medici per l’Ambiente; Carlo Triarico, presidente dell’Associazione per l’Agricoltura Biodinamica.
La riflessione ha riguardato una delle zone vitivinicole più prestigiose d’Italia, dove tuttavia non mancano criticità circa l’impatto ambientale della produzione, dall’uso di trattamenti chimici a fenomeni di erosione del suolo fino alla scarsa circolarità delle risorse (con tralci e vinacce considerati come rifiuti e non utilizzati come compost per la fertilità del suolo). Accanto a questo il biodistretto, nato nel 2016, che dovrebbe valorizzare con sempre più decisione la partecipazione e la tutela delle piccole aziende, nel loro essere orientate alla qualità e non alla massima resa.
Dall’incontro emergono alcuni dati che dovrebbero far riflettere: il 70% del cibo prodotto nel mondo proviene dall’agricoltura contadina mentre solo il 30% è prodotto da quella industriale, che utilizza però l’80% del suolo. Anche per questo, secondo Carlo Triarico, presidente dell’Associazione per l’Agricoltura Biodinamica, “sovranità alimentare” significa fare comunità del cibo dal basso, producendo quel che realmente occorre al giusto prezzo e valorizzando le dinamiche tradizionali delle comunità agricole locali: “La vera economia circolare è quella della vita, quella rigenerante delle sementi, mentre il processo industriale per sua natura crea scorie. Il vero biologico riutilizza”.